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DIGIEURO: EFFICIENZA DEI PAGAMENTI IN CAMBIO DI MENO PRIVACY?

14 APRILE 2021

L’EURO DIGITALE: UNA RISPOSTA AL PROLIFERARE DI NUOVI MEZZI DI PAGAMENTO CON VANTAGGI E OMBRE.

Questo il tema della relazione svolta il 30 marzo 2021 dal socio dottor Alberto Barbagallo nel corso di una videoconferenza organizzata dal Rotary Club Lignano Sabbiadoro-Tagliamento.

Il relatore precisa subito che bisogna fare una distinzione: non si tratta dei ben noti metodi di pagamento elettronici e neppure delle cryptovalute.

I pagamenti elettronici fanno parte della nostra quotidianità e sono rappresentati da carte di credito (materiali e virtuali), bancomat, piattaforme di pagamenti quali paypal, stripe o applicazioni come Revolut, N26 o TransferWise. Tutti strumenti gestiti da istituti finanziari autorizzati ad operare in tali mercati e sottoposti a controlli e regolamentazioni.

Diverse sono le cryptovalute, Bitcoin in testa. Non sono monete, non sono legate ad istituzioni finanziarie, le transazioni sono anonime (la grande fortuna del Bitcoin risiede in questo) ed espongono i detentori a forte volatilità nel valore di mercato.

L’euro digitale è un’altra cosa. Si deve partire da un presupposto: il crescere di monete alternative alle tradizionali (cryptovalute o addirittura monete create da piattaforme quali Facebook, la quale sta cercando di rendere operativa la propria), potrebbero ridurre gli scambi in euro, il che, a lungo andare, può inciderne sul valore. Arginare tale fenomeno è interesse della Banca Centrale Europea, oltre alla necessità di perseguire due obiettivi: il primo è la riduzione del denaro contante con riduzione dell’evasione fiscale, la seconda è il contrasto al riciclaggio.

Lo scorso autunno la BCE ha pubblicato un rapporto sull’euro digitale (di fatto una moneta vera, emessa dalla banca centrale, sostitutiva della banconota, correlata a codici specifici), nel quale si ipotizza l’avvio della fase sperimentale dal 2021.

Si otterrebbe un risparmio nella gestione della valuta grazie anche ad una maggiore efficienza nella sua distribuzione.

È vero che probabilmente la gestione e la distribuzione passerebbe attraverso piattaforme gestite da banche ordinarie, ma si pone un problema rilevante in termini di privacy.

Infatti il digieuro avrebbe un codice che lo collegherebbe al detentore, del quale sarebbero note tutte le capacità e le abitudini di spesa. Tali informazioni sarebbero quindi disponibili direttamente alla BCE e quindi ai Governi, senza intermediazione di altri soggetti (che oggi non possono diffondere dati riservati). Certamente, anche se il processo appare irreversibile, è lecito chiedersi se è meglio che i nostri dati personali siano controllati da un’Autorita’ espressa da Governi piuttosto che dai colossi del big data.

Alberto Barbagallo