16 SETTEMBRE 2021
LA VOCE DI CHI HA VISSUTO LA STORIA DI QUESTI ULTIMI VENT’ANNI TOCCANDOLA CON MANO, QUALE INVIATO DI GUERRA
La riunione di interclub del 31 agosto 2021, organizzata dal nostro club con la presenza del Lions club di Lignano Sabbiadoro e del RC di Caorle, ha visto la partecipazione del noto giornalista Toni Capuozzo.
Numerosi gli ospiti: Piero Turco, presidente del Lyons Lignano era accompagnato da 14 soci, Matteo Liut in rappresentanza di Nicola Pavan, presidente del RC di Caorle con 3 soci, Marino Del Frate, presidente del RC Aquileia-Cervignano-Palmanova, Laura Bortolussi, prefetto del RC Portogruaro, Alessandro Bortolussi, prefetto del RC Milano Sud-Est, Marco Gergolet del RC Monfalcone-Grado. Presente anche il dottor Mauro Mazza, giornalista, già vicedirettore del TG1 fino al 2002 e poi direttore del TG2 fino al 2009 quando passò a dirigere la rete ammiraglia Rai1 per poi essere nominato all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione nel giugno 2013 alla direzione di Rai Sport.
Il presidente Ivano Movio esordisce sottolineando la figura di Toni Capuzzo, giornalista di origini friulane, nato a Palmanova da madre triestina e padre napoletano.
Toni Capuozzo, giornalista, scrittore e conduttore televisivo inizia la sua attività nel 1979. Nel 1983, durante la guerra delle Falkland, ottiene una intervista esclusiva al grande scrittore Jorge Luis Borges. Inizia quindi la sua collaborazione con le testate giornalistiche del gruppo Mediaset TG4, TG5 e Studio Aperto, seguendo in particolare come inviato le guerre dell’ex Jugoslavia, Somalia, Medio Oriente e Afghanistan. Vice direttore del TG5 fino a 2013, dal 2000 ha curato e condotto “Terra” un settimanale del TG5 per 10 anni.
Ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia Toni Capuozzo si trovava a Sarajevo come inviato e prese sotto la sua protezione un ragazzo bosniaco di nome Kemal che, quando aveva solo pochi mesi di vita rimase vittima di un bombardamento e perse una gamba. Capuozzo decise di portarlo di nascosto in Italia prima che cominciasse a camminare affinchè fosse dotato subito di una protesi occupandosi delle cure del bambino che tenne con la sua famiglia fino all’età di 5 anni. A quel punto, su decisione del Tribunale dei Minori, il bambino tornò dal padre naturale a Sarajevo. Capuozzo ha continuato ad andarlo a trovare tanto che il ragazzo, oggi 27enne, chiama papà sia Toni che il vero genitore.
Ha messo in scena con Mauro Corona e il Complesso musicale di Maieron “Tre uomini di parola” uno spettacolo i cui proventi furono impiegati nella costruzione di una casa alloggio per il centro grandi ustionati di Herat in Afghanistan. E non finisce qui: è stato direttore artistico del Festival del Reportage di Atri in Abruzzo, senza contare gli innumerevoli premi ricevuti, fra i quali, vent’anni fa, il Premio Hemingway conferitogli dal Comune di Lignano Sabbiadoro. Da ultimo, continua il presidente Movio, va ricordato il Premio Casalegno conferitogli dal Rotary Club Roma Nord. Numerose le sue pubblicazioni fra le quali l’ultima, “Piccole Patrie”, ha ricevuto il Premio Nabokov.
Dopo questa doverosa premessa è importante ascoltare la voce di chi ha vissuto la storia di questi ultimi vent’anni toccando con mano, quale inviato di guerra, i conflitti in Jugoslavia, Somalia, Medio Oriente, Unione Sovietica, con particolare riferimento alle emergenze politiche ed umanitarie dell’Afghanistan.
Un Paese, sottolinea Capuozzo, che ha amato da subito, un Paese meraviglioso, ricco di luci, colori, montagne tanto da farlo sembrare un set televisivo adatto alla ripresa di avvenimenti storici.
Le famiglie afghane, specialmente nei piccoli centri, vivono ancora come 200 anni fa: si vede qualche televisore, qualche parabola e la gente è felice di incontrarti e di offrirti la sua collaborazione.
E poi la gioventù: non gli era mai capitato di vedere nei ragazzi, e specialmente nelle bambine, la gioia e la felicità di poter di nuovo andare a scuola. Durante la raccolta dell’oppio poteva anche accadere di trovare le aule mezze vuote perché i ragazzi seguivano i genitori nei campi, la cui estensione verde si perdeva a vista d’occhio. Ed era, la coltivazione dell’oppio, una delle poche, se non l’unica, fonte di reddito per le famiglie, anche se la maggior parte dei proventi finiva nelle tasche dei padroni.
Ma, alla luce di quanto è accaduto in questi ultimi giorni, viene spontanea la domanda: com’è successo che l’esercito afghano, pagato dall’America e dai suoi alleati e dotato di armi e mezzi militari di prim’ordine si sia sciolto in poche ore a seguito della ritirata ordinata da Biden dopo il trattato di pace firmato da Trump a Doha tra la fazione afghana dei Talebani e gli Stati Uniti d’America nel febbraio del 2020?
Gli americani, sottolinea Capuozzo, in seguito agli attentati dell’11 settembre, invasero l’Afghanistan in quello che, secondo il presidente di allora, George W. Bush, sarebbe dovuto essere il primo conflitto della “guerra contro il terrorismo”. Ma durante questi vent’anni non hanno saputo investire di più in cultura, scuole, infrastrutture destinando il 90% in spese militari, peccando anche, per loro stessa natura, di ingenuità, trovandosi spaesati e senza aver capito che il popolo afghano non ha il senso dello Stato e vi prevale il senso della tribù, del clan e della famiglia. Hanno profuso in quel Paese (insieme con l’Italia e gli altri Paesi coinvolti) una quantità enorme di dollari per esportare e garantire la democrazia in Afghanistan.
Ora, dopo il ritorno dei Talebani, sarà per le donne un inferno. Costrette a sopportare le maggiori conseguenze per le limitazioni imposte alla loro libertà, per le restrizioni che saranno reintrodotte, dal burka (peraltro mai dismesso dalle classi più indigenti dove un unico burka per famiglia veniva indossato a turno da ogni suo componente), all’obbligo di uscire di casa accompagnate, all’impossibilità di fare sport, frequentare un internet-caffè se non presentando un documento di identità con la conseguenza di una sorveglianza dello Stato su ogni loro movimento. Il tutto dopo aver assaporato il ‘sapore’ della libertà.
I Talebani non avranno comunque vita facile: la pandemia da Covid-19, la loro avversione ai vaccini, la penuria di generi alimentari, l’emergenza sanitaria, le banche assediate dai risparmiatori sono tutti fattori che renderanno difficile governare l’Afghanistan.
Rispondendo alle numerose domande il relatore ha confermato come il disimpegno degli USA ha spiazzato gli alleati occidentali e sia avvenuto nel modo peggiore, in stile Saigon 1975, quando ci fu la fuga del personale civile e militare statunitense dopo la conquista della città da parte dell’esercito nordvietnamita. Con una differenza, fa notare il relatore, perché allora si trattò di una guerra sbagliata persa dagli Americani mentre, per l’Afghanistan, ci si trova di fronte ad una missione di pace perduta e fallita. Di certo l’opinione pubblica americana era stanca di questa occupazione militare che le è costata miliardi dollari. Una stima fa ascendere a 8,7 miliardi di euro il costo sopportato dall’Italia.
Ora l’Afghanistan, e non solo, sta vivendo un momento epocale. I Talebani sono però molto razionalisti e, assicurando una politica di maggiore libertà e rispetto dei diritti umani e un governo rispettabile, potranno godere della protezione e delle sovvenzioni di Russia, Cina e Iran, con la possibilità di poter sedere ai tavoli delle Nazioni più importanti.
Di certo la situazione fa emergere uno scacco per gli USA e l’Occidente intero.
Non dimentichiamo comunque che su tutto veglia il regime islamico e non si possono escludere altre avventure, ad esempio nella zona sub-Sahariana o la presenza di gruppi solitari com’è avvenuto a Parigi tempo fa. Comunque, assicura il relatore, Kabul non sarà il trampolino di lancio per avventure terroristiche in Europa.
Finita comunque l’egemonia dell’America ci si dovrà interrogare sul futuro della politica estera americana (isolazionismo?) e in particolare sulla attualità dell’Alleanza Atlantica (Nato) sorta per la difesa dell’Europa occidentale che, ad oggi, ha avuto la funzione di ruota di scorta per ogni avventura americana. Non c’è dubbio che la Nato svolge ancora un ruolo di primo piano in un mondo globalizzato dove cresce la richiesta di sicurezza in occasione di conflitti ancora presenti in diverse parti del globo. Preoccupa infatti il fondamentalismo islamico della Libia e la presenza di migliaia di profughi pronti a dirigersi verso le coste italiane e impensierisce ancora di più la situazione dell’Afghanistan da cui ingenti masse di profughi possono invadere i Paesi limitrofi e alcuni paesi europei, Italia compresa. Così come preoccupa la Turchia per le frizioni con l’Italia in merito alle prospezioni petrolifere e per la funzione di controllore dell’emigrazione attribuita a Erdogan, che oggi governa quel Paese con mano forte e metodi antidemocratici in netta contrapposizione con quanto in passato fece Kemal Ataturc, ex presidente e padre della Turchia moderna e laica, che aveva assicurato al suo popolo un regime democratico non asservito al fondamentalismo islamico.
Un lungo e caloroso applauso è stato rivolto a Toni Capuozzo per il suo interessante intervento.
cav